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venerdì 31 luglio 2015

Le alternative alla ferriera di Servola

Nel dibattito in corso sull’inquinamento FORTEMENTE NOCIVO prodotto dalla Ferriera di Servola (vedi anche il servizio de "LE IENE" http://www.iene.mediaset.it/puntate/2014/10/24/toffa-trieste-l%E2%80%99altra-ilva_8377.shtml, e il "Fatto Quotidiano" http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/22/ferriera-di-trieste-dati-sulla-mortalita-legata-alle-emissioni-batte-taranto/752089/), NON vi è alcuna seria attenzione delle alternative occupazionali.
All’inizio del 2014 è stato presentato al pubblico il progetto della AMEM di Vienna per la costruzione di un nuovo grande terminal portuale nell’area ( http://www.amem.at/pdf/AMEM_Servola-Infrastucture.pdf), compatibile con il mantenimento di lavorazioni siderurgiche a freddo non inquinanti, progetto che giaceva nei cassetti di politici e istituzioni.
Questo progetto è stato pesantemente attaccato perché ritenuto “alternativo” alla vendita ad Arvedi.
Successivamente è stato reso pubblico, ma non ufficialmente, il progetto di Alpe Adria , società controllata dalla APT, che prevedeva un nuovo terminal portuale che calcolava a regime oltre 1.600 posti di lavoro e anche questo progetto è stato pesantemente attaccato perché non conforme alla progettata vendita ad Arvedi.
Abbiamo più volte sottolineato che la soluzione del problema Ferriera è la CHIUSURA DELLA LAVORAZIONI INQUINANTI “A CALDO”, le cui emmissioni non sono contenibili, e il contemporaneo avviamento della costruzione di un nuovo GRANDE TERMINAL PORTUALE nell’area, comprendente anche la Piattaforma Logistica, estendendovi il Punto Franco Portuale limitrofo.
Insieme a un RETROPORTO nella Zona Industriale e alle Noghere con estensione del Punto Franco Industriale, attualmente semiabbandonato presso il Canale Navigabile, ma che prevede vantaggi fiscali significativi come l’ esenzione da tasse per energia e carburanti.
E, naturalmente, riattivando i collegamenti ferroviari con la linea per Aquilinia.
Un grande terminal portuale con un retroporto con regime agevolato di Porto Franco Industriale porta non solo attività logistiche ma anche industriali di vario genere con FORTE INCREMENTO DI POSTI DI LAVORO di molte volte superiore a quelli dell’ Area a Caldo della Ferriera.
Anche la costruzione del terminal e la dismissione e bonifica dell’ “area a caldo” comportano posti di lavoro nel periodo di transizione.
Non è necessario, né utile spostarvi il Punto Franco di Porto Vecchio perché BASTA ALLARGARE I PUNTI FRANCHI ESISTENTI, come è stato fatto a maggio nei pressi dell’Ausonia, e per un retroporto il PUNTO FRANCO INDUSTRIALE offre maggiori vantaggi economici e fiscali.
Il Punto Franco Nord sta bene in Porto Vecchio per facilitarvi l’ insediamento di attività produttive, hi-tech e finanziarie che creano lavoro qualificato.
La colpevole inerzia della politica locale e della precedente Autorità Portuale riguardo questi temi strategici ha fatto sì che il Porto di Trieste sia giunto impreparato alle sfide dei nuovi traffici fra Oriente e Occidente generati dalla Nuova Via della Seta, in cui Pechino sta investendo 140 miliardi di dollari, e dal costituendo grande nodo logistico intermodale di Vienna dovuto agli accordi fra ferrovie Austriache e Russe (http://faqts.blogspot.it/2015/02/come-escono-ed-entrano-i-treni-merci.html).
Viceversa l’Autorità Portuale di Venezia, forte di appoggi politici governativi, ha approntato il progetto di Porto Off-Shore e stretto accordi con porti e autorità cinesi proprio per sfruttare questa opportunità storica, analogamente a quanto ha fatto e sta facendo il Porto di Capodistria.
Ora i nodi vengono al pettine:
Si impone la tutela della salute pubblica con la chiusura dell’area a caldo della Ferriera ma si impone anche l’ immediato avvio di alternative occupazionali.
L’ alternativa si chiama sviluppo del PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE per metterlo in grado di cogliere le sfide del nuovo mondo globalizzato, utilizzando i notevoli vantaggi derivanti dall’ Allegato VIII.
Non è possibile che un porto di questa importanza si trovi in una situazione di incertezza con un commissariamento di soli 6 mesi e con una riforma della portualità, Delrio, che vuole trasformarlo in un “Porto Regione” con retroporto in Friuli anziché a Trieste in Zona Industriale, e con pendente ancora la questione del Rigassificatore: il tutto in clamorosa violazione dell’ Allegato VIII.



Facciamo appello alla città perché questi temi, strategici per il futuro di Trieste, siano posti al centro del dibattito a partire da questo momento di emergenza sociale.