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mercoledì 27 maggio 2015

Crisi? Quale crisi?


Il concetto più gettonato è quello di crisi.
Tale concetto è indicato come qualcosa di passeggero, di inevitabile e imponderabile. Così non è. La crisi in realtà corrisponde all’aver messo in circolazione una moneta di banche private. Tale moneta è stata posta in circolazione ”a prestito”: ogni euro che usate è un debito generato verso una banca privata, che pretende il pagamento dei debiti. In altri termini: il valore nominale della moneta, per esempio 100 euro, corrispondono, per esempio, a un debito di 101 euro verso la banca emittente. E’ facile comprendere che tale debito non è estinguibile. 


Genera altro debito. Per il pagamento di detto debito lo Stato italiano genera sempre più tasse, in una spirale infinita. Chi ha permesso tutto questo? Sempre gli stessi pseudo politici che adesso si vogliono prodigare tanto per salvare i lavoratori. In sostanza ciò che chiamate crisi non ha un valore temporaneo nel tempo, ma infinito, senza ritorno ed è questa la principale motivazione che spinge le aziende a cercare altri lidi dove operare. Peraltro voi, potendo, cosa fareste?

La responsabilità dei Media

Un altro aspetto oramai inquietante è la totale adesione acritica dei media (giornali in testa) alla partitocrazia. Di giornalismo e di giornalisti non vi è più traccia; le pagine dei giornali sono piene delle panzane propagandistiche dei vari partiti. Nessuna traccia di una qualche realtà oggettuale o di una qualche riflessione più seria. Solo false promesse o notizie svianti. Così anche per la situazione della Alcatel-Lucent: pagine intere spese a favorire l’immagine dei diversi (falsi) salvatori, ma neanche una riga di riflessione sulle cause vere dell’evento. Allo stesso modo, neanche una riga sui possibili interventi che dovrebbero condurre le aziende fuori dalla crisi. E’ la politica del ”bla bla”, tanto per sedare gli animi. Show mediatici sulla pelle delle famiglie poste in disperazione.
La verità è ben diversa e la spiega bene Francesco Delzio (in “Opzione Zero”, ed. Rubettino): “secondo l’Istat sono ben 3,5 milioni nel nostro paese gli under 35 in condizione “neet” ovvero i giovani che non fanno nulla: non lavorano, non studiano, non fanno training professionale. E alzando l’asticella anagrafica possiamo stimare che sono quasi 5 milioni gli under 40 totalmente esclusi dal mercato del lavoro e, quindi, privi di una vera “cittadinanza economico-sociale”: disoccupati, inoccupati, neet e scoraggiati…”.


Una domanda sorge spontanea: a quale cittadinanza dovranno ambire i disoccupati e inoccupati del nostro Territorio?